Appunti per una nuova storia...
Bistro
Ci assomigliamo, siamo nella
media, bravissimi a mimetizzarci.
Abbiamo fascino, se ci si ferma a
guardare. Il mese scorso ci siamo guardati. Ha degli occhi castani…
Si fa presto a dire castani,
come se ci fosse una sola, unica tonalità.
Per gli occhi azzurri si
spendono metafore con cieli di primavera, profondità marine e altre romanticherie,
gli occhi verdi hanno il fascino misterioso delle foreste, gli occhi neri sono
neri: conturbanti per definizione.
Ma gli occhi castani?
In un romanzo lessi di
un’eroina dall’iride dal color bistro.
Che
colore è mai il bistro?
Mi chiesi e andai a cercare su google “tinta cromatica giallo bruna”.
Misi da parte questa
informazione, come faccio sempre per ogni cosa che leggo e rimase lì. Non nego
di essermi osservata a lungo nello specchio, sperando di avere anche io questa
tonalità.
Bistro.
Ha una musicalità stupenda ma
nessuna vicinanza con il mio colore. Sono più vicina al marrone foca, poco
musicale, ma molto più scuro. Mi rassegnai al fatto che il bistro era un colore
magico riservata agli eletti, come l’eroina del romanzo.
Un mese fa mi sono seduta
accanto a lui, la riunione era iniziata, ero arrivata per ultima e nessuno
aveva il coraggio di andargli vicino.
Ha fatto un cenno alla sedia accanto alla sua, mi sono accomodata e l’ho ringraziato.
È stato allora, a cinquanta
centimetri dai suoi occhi, che ho riconosciuto il bistro.
Ha gli occhi castani, color
bistro.
Quel giorno per la prima volta mi
ha vista.
Chissà se ha pensato che ho gli
occhi marrone tinta foca?
Forse glielo chiederò, quando
avrò il coraggio di dire qualcosa che sia più di un ciao o di un buon giorno. Come posso fare due parole come facevamo prima?
Mi ha smascherata, arrossirei.
Vede quella che sono, non più la mia
maschera, mi legge dentro e ne ho paura.
È accaduto solo con poche
persone e nessuna così inavvicinabile.
Pericolo dice il suo lavoro, pericolo
dicono i suoi modi cortesi, grave pericolo dice il suo sorriso.
Quello che mi
inquieta è sapere che io inquieto lui.
Come poco fa.
Sono certa che è
passato di qui appositamente per salutarmi, per questo il sorriso si allarga
tra le labbra e non posso trattenerlo.
Non dovrei, perché non siamo più
alla fase di studio, sia alla fase di chi si farà avanti.
Sappiamo che dovrò essere io.
Ho paura.
Temo di leggere qualcosa in
quegli occhi bistro che mi spinga a fare la mossa che lui attende.
Che pasticcio!
La mente mi spinge lontano.
Nel cuore della notte mi scopro a immagine incontri che non potranno mai
accadere, mi stringo a un corpo di sogno che è il suo.
Quello di cui ho bisogno è credere
che potrà essere.
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