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Il mio personale regale di San Valentino è proprio il primo capitolo di questo romanzo.
Vi auguro di passare come volete la serata ma soprattutto di innamorarvi e di far innamorare, non solo a San Valentino :))
IMPERFETTA
1. Un mazzo di chiavi
“Non indovinerai mai con chi ho
fum… chiacchierato sul pianerottolo ieri sera!”
Francesca è un fiume in piena,
non posso fermarla.
Mi sono appena alzata e mi sto
trascinando in cucina, quando lei mi travolge con la sua energia.
Guardo l’orologio appeso in
cucina, è l’una, un’ora accettabile per chi come me ha finito di lavorare alle
tre e cerca di svegliarsi.
Sorrido alla mia cara amica e
cerco di mostrare un po’ di interesse, anche se l’unica cosa capace di
eccitarmi è la macchina del caffè.
“Chi hai incontrato?” chiedo,
aprendo l’anta della cucina e afferrando con brama il barattolo del caffè.
“Il nuovo vicino, quello del
piano di sopra!” esclama trionfante.
“Quello che quando torno a casa
mi intrattiene con i rumori della sua eccessiva attività fisica” e le faccio il gesto che di solito fa lei quando
sentiamo quel baccano.
“Esatto” scoppia a ridere
“Proprio lui!”
Apro la moka, ma devo essere
ancora addormentata perché il filtro mi cade a terra.
Francesca lo raccoglie
sogghignando.
“Lascia perdere, siediti, sei
in coma, faccio io.”
L’assecondo e mi accomodo di
fronte alla mia tazza vuota, in attesa.
“Insomma Nicola, si chiama
Nicola, è uno schianto, sul serio. Pure simpatico, abbiamo chiacchierato per
più di tre quarti d’ora.”
Alzo la testa.
“Così tanto? Non aveva altre
attività in corso?”
Ride.
“Perché ridi?”
“Perché mi ha chiesto se si
sente il casino che fa.”
Spalanco gli occhi per la
sorpresa. Io di certo mi sarei sotterrata a una domanda così diretta, ma
immagino che Francesca non abbia battuto ciglio.
“Che gli hai risposto?”
Mi guarda e fa
quell’espressione che adoro e si aggiusta gli occhiali sul naso con aria
saputa.
“Gli ho detto che è un bambino
moooolto cattivo.”
Poi scoppia a ridere e mi
unisco a lei, chiedendomi se il vicino sa che è una maestra della scuola
d’infanzia.
“Sei terribile!”
“Lui ha riso e ha detto che
cercherà di essere meno rumoroso.”
“A parte le sue attività
sessuali, che hai scoperto?”
“È alto, moro, elegante pure in
tuta, deve fare un qualche lavoro importante, ha l’aria del capo, sai di quelli
che sono abituati a comandare. Ha più di trent’anni di certo e secondo me sta
scappando o vorrebbe farlo presto.”
Questa frase attira la mia
attenzione.
“Deve essere il palazzo
allora…”
“Già, attira i fuggitivi!”
“Lo rivedrai?”
“Chi lo sa, lo spero. Oltre a
un fondoschiena perfetto è pure simpatico.”
Scuoto la testa e penso alla
fissazione di Franci: il sedere degli uomini.
“Ecco il tuo caffè, cerca di
svegliarti, oggi hai il colloquio. Dove vai esattamente? Scusa non ricordo più
il nome della ditta.”
Soffio sul caffè bollente e
lascio che l’aroma mi invada e con esso l’essenza della caffeina.
“Sixalia, la ditta si chiama
Sixalia, fanno valvole e altri attrezzi idraulici che portano l’acqua ai
quattro angoli del mondo. Sono una multinazionale dell’acqua.”
“Non ci capisco niente, ma se
ti hanno selezionata non devono essere stupidi.”
Sorrido. Non sono mai stata
impiegata per nessuna ditta che avesse più di dieci dipendenti. Di esperienza
come ragioniera ne ho, ma ultimamente ho trovato solo lavori notturni, come
cameriera, guardarobiera e altre cosette.
“Volevano un’impiegata che
conoscesse il rumeno e io lo so.”
“Certo che lo sai, sei madre
lingua, nel vero senso della parola. Poi studi lingue, saresti perfetta, certo,
sempre che ti interessino i tubi per l’acqua”
“Valvole.” Preciso con
puntiglio.
“Valvole, tubi: che differenza
fa?”
“Sarebbe bello avere uno
stipendio a quattro cifre e non dover uscire tutte le sere.”
“Su questo hai ragione, ma
perché il colloquio di sabato pomeriggio?”
“Non lo so, sono una
multinazionale, magari in America si usa così. Oppure hanno fretta di assumere
qualcuno, non lo so.”
Finisco il mio caffè e vado in
camera a prepararmi. Un colloquio di lavoro richiede l’abbigliamento giusto.
Per fortuna ho una certa esperienza, quello di oggi è il quinto in due mesi.
Gli altri non sono andati bene
ma questo deve andare, sul serio. Non posso continuare a pesare sulle spalle di
Francesca, quei pochi soldi che prendo ora mi bastano appena per pagare la
seconda rata dell’università.
Prendo dall’armadio il mio
tailleur blu, quello leggero, ormai è diventato caldo e la giacca forse è
eccessiva ma preferisco andare sul sicuro.
I capelli sono a posto, come al
solito, dritti e privi di vita, nel loro colore castano chiaro così poco
appariscente tutt’altra cosa da quelli di Francesca neri, ricci e ribelli.
Me li spazzolo lo stesso e mi
trucco un po’. Non sono una bellezza nel senso stretto del termine, sono carina
come molte. Anche se fossi molto bella non credo che baserei sul mio aspetto
fisico il successo del colloquio: troppo rischioso. Meglio essere carina,
rassicurante e preparata. Quest’ultimo punto non mi preoccupa, so il rumeno da
sempre, forse da prima di avere imparato l’italiano. Mi guardo ancora una volta
e mi passo le mani sui fianchi.
Quando tornerò magra?
Quando
la smetterai di mangiare come se fossi reduce da quaranta giorni di digiuno!
La mia coscienza o chi per essa
ha ragione, mi sono gettata sul cibo come fosse la salvezza dopo che Marco…
Stop!
Ora non è il momento di pensare a lui.
Fisso la donna giovane nello
specchio e sono convinta che questa volta ce la farò.
“Dimmi in bocca al lupo” dico
uscendo.
“In culo alla balena!”
Urla Francesca dalla porta di
casa mentre scendo le scale.
Che
matta!
Ma spero con tutto il cuore che
la sua scaramanzia colorita sia efficace.
Il colloquio è andato bene, il
migliore mai fatto finora.
La signora con cui ho parlato,
perché le due ragazze sedute ai suoi fianchi erano solo comparse, era lei
l’osso duro, mi ha intervistata in inglese e in francese. Era contenta, poi la
ragazza mora di Timişoara mi ha fatto qualche domanda e abbiamo scoperto di
avere molti gusti in comune.
“Per una ragazza giovane può
essere una bella esperienza lavorare con noi, spero che lo capisca”
“Certo la vostra azienda è
leader e fa parte di un gruppo molto importante.”
“Bene, la motivazione c’è, la
ringrazio signorina Erica Cortese, sarà mia cura farle sapere l’esito del
colloquio.”
Questo me l’ha detto sabato,
oggi siamo martedì e non si sono ancora fatti vivi.
“Vedrai che ti chiameranno, non
fare quel broncio.”
Mi consola Francesca mi ha
beccata a guardare con brama il telefono con il disperato bisogno che suoni.
“Parli bene tu! Tanto ti vedi
tutte le sere con il casanova del piano di sopra”
“Non è che esco con lui, ci
troviamo sul pianerottolo e poi parliamo. È un uomo molto interessante, ti
piacerebbe.”
“Visti i miei orari, o mi
chiamano per un nuovo lavoro, o non lo vedrò mai.”
“Beh, l’hai visto domenica.”
“Sì, mentre saliva le scale di
corsa e di ritorno dal jogging!”
Il ricordo però non è affatto
spiacevole, non l’ho visto bene in viso ma a sufficienza per capire
l’entusiasmo della mia amica.
“Hai visto che fondo schiena?”
Rido.
Francesca ha ragione, ha
proprio un bel culo.
“È vero, ma l’ho appena
intravisto …”
“Avremo occasioni, pensavo di
invitarlo a pranzo domenica prossima, così lo conosci anche tu!”
Non ho il tempo di rispondere
perché il telefono squilla.
Con un’agilità che non mi
ricordavo, lo afferro e guardo il display
“Sono loro?” chiede Franci.
“Sì, che faccio?”
“Come che fai? Rispondi
stupida, subito!”
Eseguo l’ordine e mi allontano,
in camera mia, se mi dicono di no, voglio un posto morbido dove cadere.
“Pronto”
“Signorina Cortese? Sono
Miranda Morelli di Sixalia, ci siamo viste sabato per il colloquio.”
“Salve, certo ricordo
benissimo”
“Signorina, le volevo
comunicare che sarebbe la candidata su cui è ricaduta la nostra scelta, sempre
che sia ancora intenzionata a voler lavorare per Sixalia.”
Sì
evvai!
“Certo che sono intenzionata a
lavorare con voi, sono molto felice che mi abbiate scelta.”
“Ne sono certa. Se potesse
venire già domani mattina le sarei grata. Crede di poter esser qui alle nove?”
A
costo di venire in ginocchio ci sarò!
“Senza alcun dubbio, signora
Morelli, ci sarò.”
“Ci vediamo domani allora, buon
giorno.”
“Arrivederci.”
Riaggancio il telefono e guardo
il display.
Non
può essere vero!
Mi
hanno presa! Ho un nuovo lavoro!
So che non è elegante, né da
signora, ma inizio a saltare per la stanza e a ballare come una pazza.
“Che succede Erica?”
La testa piena di ricci di
Francesca fa capolino oltre la porta della mia camera e le vado incontro, le
prendo per le mani e iniziamo a saltare come pazze mentre lei ride con me.
“Mi hanno presa, mi hanno
presa” le dico e allora lei lancia un grido più forte del mio.
“Grande!”
Ci fermiamo e le racconto
subito della telefonata della signorina Morelli, la signora che mi ha fatto il
colloquio. Così ho superato la selezione e andrò a lavorare per la loro
azienda.
“Ti avevo detto che ero
piaciuta alla signorina Morelli!”
“Non era quella che hai
definito vecchia frigida?”
“Sì, ma le ho risposto con
rispetto e a tono. In fondo, dove la trovavano una brava come me?” e mi
atteggio.
“Soprattutto modesta” e ride
dandomi una pacca sul sedere.
“Ma che andrai a fare? Quale
sarà esattamente il tuo lavoro”
“Cercavano una impiegata che
tenesse i contatti con i fornitori romeni e lavorasse con la logistica.”
“Pensi di farcela? Cioè, sono
contentissima, ma sarà impegnativo, lavorare, studiare…”
Mi metto le mani sui fianchi e
la guardo perplessa.
“Ce la farò, devo, mi servono i
soldi se voglio pagarti l’affitto, no, non interrompermi, lo so che tu stai
pagando senza rinfacciarmi nulla. Da quando mi hanno licenziato dalle
assicurazioni Generali sono due mesi che vivo alle tue spalle, non possiamo
andare avanti così. Domani vado al lavoro e scoprirò subito se ce la faccio
anche a studiare.”
“Se non ti piace, se ti
trattano male, mi raccomando vieni via, sai che quella ditta non ha una
bellissima fama, specie adesso che sono stati rilevati dalla quell’azienda
multinazionale e hanno mandato qui l’amministratore delegato dei loro dagli
Stati Uniti.”
“Di che parli?”
“C’era la settimana scorsa sul
giornale, un pezzo che parlava di questa ditta, dai l’abbiamo letto assieme”
“Quale? Quello sul laureato
negli States, il ragazzo prodigio che
torna a casa a dirigere l’azienda più grande dei dintorni?”
“Proprio quello, scrivevano che
era famoso per fare fruttare al massimo le persone.”
“Che c’è di male? Se è bravo
l’azienda andrà meglio e io avrò un lavoro. Non preoccuparti, questa sera festeggiamo,
ok?”
“Pizza?”
Le faccio un cenno con la testa
e lei schizza fuori dalla stanza dicendo:
“Vado a cambiarmi, cambiati
anche tu, obbligatorio!”
Mi guardo i pantaloncini lisi
che indosso sotto la canottiera rossa.
Non dovrei mettermi questi
vestiti, ma in casa lo faccio, Francesca non dice nulla, è mia amica ed è
abituata a vedere le mie forme abbondanti per casa.
Non sono quella che si dice un
figurino, la mia quarantasei abbondante corredata da una quarta di reggiseno
fanno di me una morbidona, come dice Franci. Per fortuna sono alta, così non
sembro una trottola! Dovrei dimagrire, lo so. Ero magra fino a due anni fa, poi
chissà come un po’ alla volta sono ingrassata.
Chissà
come? Lo sai benissimo.
Ho smesso di nuotare, Marco mi
ha lasciata e ho iniziato a mangiare troppo.
Chiaro e cristallino. Dovrei
riprendere a nuotare e mangiare meno.
Mi metto il vestito a fiori
rossi su sfondo nero, ha una bella scollatura e mi snellisce la vita, raccolgo
i capelli biondi e lisci in una coda di cavallo e vado a chiamare Francesca.
“Sono pronta, dai Franci, non
devi sedurre nessuno”
Esco dalla camera e attraverso
il corridoio per entrare nella sua ma non la trovo, allora busso alla porta del
bagno.
“Andiamo?”
Busso ancora ed entro.
Mi si ferma il cuore.
Francesca è per terra immobile
con gli occhi aperti, sbarrati.
“Franci, oddio!” mi metto in
ginocchio vicino a lei e sento che respira affannosamente, con fatica.
Torno di corsa in camera a
prendere il cellulare e chiamo il 118.
“Vi prego, venite subito la mia
amica è caduta in bagno, respira a fatica.”
“Stia calma signorina, mi dica
subito l’indirizzo.”
“Via dei Laghi 5, interno 3,
sul campanello c’è il nome Ligori Francesca.”
“Via dei Laghi 5, interno 3”
dice la voce dall’altra parte a qualche altra persona. “L’ambulanza sta
arrivando, ora mi ascolti mi descriva lo stato della sua amica.”
“È distesa a terra con gli
occhi sbarrati, respira a fatica.”
“Si accerti che la lingua non
la soffochi, se riesce le apra la bocca, poi la metta di fianco, i soccorsi
stanno arrivando.”
Per un tempo infinito rimango
al telefono con il cortese signore del pronto soccorso, poi suonano il
campanello e schizzo come un fulmine ad aprire ai soccorsi.
Francesca viene subito
prelevata e caricata nella barella dai due infermieri che con grande
professionalità l’assistono portandola giù per le scale verso l’ambulanza.
Non so che fare, ma devo
seguirla. Scendo le scale con loro, incrociamo qualcuno, non lo guardo, mi
chiede qualcosa e io mi giro.
È il nuovo vicino, quell’uomo
di cui Francesca era entusiasta e che aveva conosciuto meglio di me e che le
piaceva pure parecchio.
Mi prende per un braccio e
vorrei dirgli di lasciarmi, ma quando lo guardo vedo che è pallido e
preoccupato. Francesca è talmente fantastica che sono bastati pochi incontri
perché anche lui le si affezioni, lo capisco dal dolore che vedo infondo ai
suoi occhi scuri.
Sono
verdi o castani?
Sono così persa dentro il suo
sguardo che capisco appena la sua domanda.
Vuole
sapere che le è successo, scema!
“Non lo so, si è sentita male,
mi lasci, devo andare in ospedale con lei” sono fuori di me e la mia voce è
stridula.
“Certo, ma chiuda la porta di
casa” mi dice lui con calma.
Mi giro e ha ragione.
Sono uscita di corsa e ho
lasciato la porta spalancata, non ho preso né la borsa né le chiavi.
Gli infermieri scendono veloci,
non posso rischiare che vadano via senza di me, non posso lasciare Francesca.
“Sia gentile, prenda le chiavi
con il portachiavi a forma di riccio, è sopra la mensola, vicino al radiatore e
poi chiuda la porta, dopo passo da lei a prenderle. Non posso tornare indietro,
devo andare con lei, non può restare sola.”
La mia voce è incrinata, sto
per mettermi a piangere.
I suoi occhi diventano prima
grandi e scuri e poi fa un cenno della testa.
Sei
impazzita?!
Hai
appena detto a un estraneo di prendersi le chiavi di casa!
Francesca viene prima di tutto!
Mi precipito giù per le scale
ed entro nell’ambulanza appena prima che chiudano le porte.
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