giovedì 14 febbraio 2013

Regalo di San Valentino

Un grazie di cuore al blog "Romance non solo" e alle sue fantastiche blogger, Arianna e Arimi, che in questo giorno di San Valentino hanno pubblicato una bellissima recensione a "Imperfetta".
La potete leggere qui




Il mio personale regale di San Valentino è proprio il primo capitolo di questo romanzo.

Vi auguro di passare come volete la serata ma soprattutto di innamorarvi e di far innamorare, non solo a San Valentino :))

IMPERFETTA

1.    Un mazzo di chiavi


“Non indovinerai mai con chi ho fum… chiacchierato sul pianerottolo ieri sera!”
Francesca è un fiume in piena, non posso fermarla.
Mi sono appena alzata e mi sto trascinando in cucina, quando lei mi travolge con la sua energia.
Guardo l’orologio appeso in cucina, è l’una, un’ora accettabile per chi come me ha finito di lavorare alle tre e cerca di svegliarsi.
Sorrido alla mia cara amica e cerco di mostrare un po’ di interesse, anche se l’unica cosa capace di eccitarmi è la macchina del caffè.
“Chi hai incontrato?” chiedo, aprendo l’anta della cucina e afferrando con brama il barattolo del caffè.
“Il nuovo vicino, quello del piano di sopra!” esclama trionfante.
“Quello che quando torno a casa mi intrattiene con i rumori della sua eccessiva attività fisica” e le faccio il gesto che di solito fa lei quando sentiamo quel baccano.
“Esatto” scoppia a ridere “Proprio lui!”
Apro la moka, ma devo essere ancora addormentata perché il filtro mi cade a terra.
Francesca lo raccoglie sogghignando.
“Lascia perdere, siediti, sei in coma, faccio io.”
L’assecondo e mi accomodo di fronte alla mia tazza vuota, in attesa.
“Insomma Nicola, si chiama Nicola, è uno schianto, sul serio. Pure simpatico, abbiamo chiacchierato per più di tre quarti d’ora.”
Alzo la testa.
“Così tanto? Non aveva altre attività in corso?”
Ride.
“Perché ridi?”
“Perché mi ha chiesto se si sente il casino che fa.”
Spalanco gli occhi per la sorpresa. Io di certo mi sarei sotterrata a una domanda così diretta, ma immagino che Francesca non abbia battuto ciglio.
“Che gli hai risposto?”
Mi guarda e fa quell’espressione che adoro e si aggiusta gli occhiali sul naso con aria saputa.
“Gli ho detto che è un bambino moooolto cattivo.”
Poi scoppia a ridere e mi unisco a lei, chiedendomi se il vicino sa che è una maestra della scuola d’infanzia.
“Sei terribile!”
“Lui ha riso e ha detto che cercherà di essere meno rumoroso.”
“A parte le sue attività sessuali, che hai scoperto?”
“È alto, moro, elegante pure in tuta, deve fare un qualche lavoro importante, ha l’aria del capo, sai di quelli che sono abituati a comandare. Ha più di trent’anni di certo e secondo me sta scappando o vorrebbe farlo presto.”
Questa frase attira la mia attenzione.
“Deve essere il palazzo allora…”
“Già, attira i fuggitivi!”
“Lo rivedrai?”
“Chi lo sa, lo spero. Oltre a un fondoschiena perfetto è pure simpatico.”
Scuoto la testa e penso alla fissazione di Franci: il sedere degli uomini.
“Ecco il tuo caffè, cerca di svegliarti, oggi hai il colloquio. Dove vai esattamente? Scusa non ricordo più il nome della ditta.”
Soffio sul caffè bollente e lascio che l’aroma mi invada e con esso l’essenza della caffeina.
“Sixalia, la ditta si chiama Sixalia, fanno valvole e altri attrezzi idraulici che portano l’acqua ai quattro angoli del mondo. Sono una multinazionale dell’acqua.”
“Non ci capisco niente, ma se ti hanno selezionata non devono essere stupidi.”
Sorrido. Non sono mai stata impiegata per nessuna ditta che avesse più di dieci dipendenti. Di esperienza come ragioniera ne ho, ma ultimamente ho trovato solo lavori notturni, come cameriera, guardarobiera e altre cosette.
“Volevano un’impiegata che conoscesse il rumeno e io lo so.”
“Certo che lo sai, sei madre lingua, nel vero senso della parola. Poi studi lingue, saresti perfetta, certo, sempre che ti interessino i tubi per l’acqua”
“Valvole.” Preciso con puntiglio.
“Valvole, tubi: che differenza fa?”
“Sarebbe bello avere uno stipendio a quattro cifre e non dover uscire tutte le sere.”
“Su questo hai ragione, ma perché il colloquio di sabato pomeriggio?”
“Non lo so, sono una multinazionale, magari in America si usa così. Oppure hanno fretta di assumere qualcuno, non lo so.”
Finisco il mio caffè e vado in camera a prepararmi. Un colloquio di lavoro richiede l’abbigliamento giusto. Per fortuna ho una certa esperienza, quello di oggi è il quinto in due mesi.
Gli altri non sono andati bene ma questo deve andare, sul serio. Non posso continuare a pesare sulle spalle di Francesca, quei pochi soldi che prendo ora mi bastano appena per pagare la seconda rata dell’università.
Prendo dall’armadio il mio tailleur blu, quello leggero, ormai è diventato caldo e la giacca forse è eccessiva ma preferisco andare sul sicuro.
I capelli sono a posto, come al solito, dritti e privi di vita, nel loro colore castano chiaro così poco appariscente tutt’altra cosa da quelli di Francesca neri, ricci e ribelli.
Me li spazzolo lo stesso e mi trucco un po’. Non sono una bellezza nel senso stretto del termine, sono carina come molte. Anche se fossi molto bella non credo che baserei sul mio aspetto fisico il successo del colloquio: troppo rischioso. Meglio essere carina, rassicurante e preparata. Quest’ultimo punto non mi preoccupa, so il rumeno da sempre, forse da prima di avere imparato l’italiano. Mi guardo ancora una volta e mi passo le mani sui fianchi.
Quando tornerò magra?
Quando la smetterai di mangiare come se fossi reduce da quaranta giorni di digiuno!
La mia coscienza o chi per essa ha ragione, mi sono gettata sul cibo come fosse la salvezza dopo che Marco…
Stop! Ora non è il momento di pensare a lui.
Fisso la donna giovane nello specchio e sono convinta che questa volta ce la farò.
“Dimmi in bocca al lupo” dico uscendo.
“In culo alla balena!”
Urla Francesca dalla porta di casa mentre scendo le scale.
Che matta!
Ma spero con tutto il cuore che la sua scaramanzia colorita sia efficace.

Il colloquio è andato bene, il migliore mai fatto finora.
La signora con cui ho parlato, perché le due ragazze sedute ai suoi fianchi erano solo comparse, era lei l’osso duro, mi ha intervistata in inglese e in francese. Era contenta, poi la ragazza mora di Timişoara mi ha fatto qualche domanda e abbiamo scoperto di avere molti gusti in comune.
“Per una ragazza giovane può essere una bella esperienza lavorare con noi, spero che lo capisca”
“Certo la vostra azienda è leader e fa parte di un gruppo molto importante.”
“Bene, la motivazione c’è, la ringrazio signorina Erica Cortese, sarà mia cura farle sapere l’esito del colloquio.”
Questo me l’ha detto sabato, oggi siamo martedì e non si sono ancora fatti vivi.
“Vedrai che ti chiameranno, non fare quel broncio.”
Mi consola Francesca mi ha beccata a guardare con brama il telefono con il disperato bisogno che suoni.
“Parli bene tu! Tanto ti vedi tutte le sere con il casanova del piano di sopra”
“Non è che esco con lui, ci troviamo sul pianerottolo e poi parliamo. È un uomo molto interessante, ti piacerebbe.”
“Visti i miei orari, o mi chiamano per un nuovo lavoro, o non lo vedrò mai.”
“Beh, l’hai visto domenica.”
“Sì, mentre saliva le scale di corsa e di ritorno dal jogging!”
Il ricordo però non è affatto spiacevole, non l’ho visto bene in viso ma a sufficienza per capire l’entusiasmo della mia amica.
“Hai visto che fondo schiena?”
Rido.
Francesca ha ragione, ha proprio un bel culo.
“È vero, ma l’ho appena intravisto …”
“Avremo occasioni, pensavo di invitarlo a pranzo domenica prossima, così lo conosci anche tu!”
Non ho il tempo di rispondere perché il telefono squilla.
Con un’agilità che non mi ricordavo, lo afferro e guardo il display
“Sono loro?” chiede Franci.
“Sì, che faccio?”
“Come che fai? Rispondi stupida, subito!”
Eseguo l’ordine e mi allontano, in camera mia, se mi dicono di no, voglio un posto morbido dove cadere.
“Pronto”
“Signorina Cortese? Sono Miranda Morelli di Sixalia, ci siamo viste sabato per il colloquio.”
“Salve, certo ricordo benissimo”
“Signorina, le volevo comunicare che sarebbe la candidata su cui è ricaduta la nostra scelta, sempre che sia ancora intenzionata a voler lavorare per Sixalia.”
Sì evvai!
“Certo che sono intenzionata a lavorare con voi, sono molto felice che mi abbiate scelta.”
“Ne sono certa. Se potesse venire già domani mattina le sarei grata. Crede di poter esser qui alle nove?”
A costo di venire in ginocchio ci sarò!
“Senza alcun dubbio, signora Morelli, ci sarò.”
“Ci vediamo domani allora, buon giorno.”
“Arrivederci.”
Riaggancio il telefono e guardo il display.
Non può essere vero!
Mi hanno presa! Ho un nuovo lavoro!
So che non è elegante, né da signora, ma inizio a saltare per la stanza e a ballare come una pazza.
“Che succede Erica?”
La testa piena di ricci di Francesca fa capolino oltre la porta della mia camera e le vado incontro, le prendo per le mani e iniziamo a saltare come pazze mentre lei ride con me.
“Mi hanno presa, mi hanno presa” le dico e allora lei lancia un grido più forte del mio.
“Grande!”
Ci fermiamo e le racconto subito della telefonata della signorina Morelli, la signora che mi ha fatto il colloquio. Così ho superato la selezione e andrò a lavorare per la loro azienda.
“Ti avevo detto che ero piaciuta alla signorina Morelli!”
“Non era quella che hai definito vecchia frigida?”
“Sì, ma le ho risposto con rispetto e a tono. In fondo, dove la trovavano una brava come me?” e mi atteggio.
“Soprattutto modesta” e ride dandomi una pacca sul sedere.
“Ma che andrai a fare? Quale sarà esattamente il tuo lavoro”
“Cercavano una impiegata che tenesse i contatti con i fornitori romeni e lavorasse con la logistica.”
“Pensi di farcela? Cioè, sono contentissima, ma sarà impegnativo, lavorare, studiare…”
Mi metto le mani sui fianchi e la guardo perplessa.
“Ce la farò, devo, mi servono i soldi se voglio pagarti l’affitto, no, non interrompermi, lo so che tu stai pagando senza rinfacciarmi nulla. Da quando mi hanno licenziato dalle assicurazioni Generali sono due mesi che vivo alle tue spalle, non possiamo andare avanti così. Domani vado al lavoro e scoprirò subito se ce la faccio anche a studiare.”
“Se non ti piace, se ti trattano male, mi raccomando vieni via, sai che quella ditta non ha una bellissima fama, specie adesso che sono stati rilevati dalla quell’azienda multinazionale e hanno mandato qui l’amministratore delegato dei loro dagli Stati Uniti.”
“Di che parli?”
“C’era la settimana scorsa sul giornale, un pezzo che parlava di questa ditta, dai l’abbiamo letto assieme”
“Quale? Quello sul laureato negli States, il ragazzo prodigio che torna a casa a dirigere l’azienda più grande dei dintorni?”
“Proprio quello, scrivevano che era famoso per fare fruttare al massimo le persone.”
“Che c’è di male? Se è bravo l’azienda andrà meglio e io avrò un lavoro. Non preoccuparti, questa sera festeggiamo, ok?”
“Pizza?”
Le faccio un cenno con la testa e lei schizza fuori dalla stanza dicendo:
“Vado a cambiarmi, cambiati anche tu, obbligatorio!”
Mi guardo i pantaloncini lisi che indosso sotto la canottiera rossa.
Non dovrei mettermi questi vestiti, ma in casa lo faccio, Francesca non dice nulla, è mia amica ed è abituata a vedere le mie forme abbondanti per casa.
Non sono quella che si dice un figurino, la mia quarantasei abbondante corredata da una quarta di reggiseno fanno di me una morbidona, come dice Franci. Per fortuna sono alta, così non sembro una trottola! Dovrei dimagrire, lo so. Ero magra fino a due anni fa, poi chissà come un po’ alla volta sono ingrassata.
Chissà come? Lo sai benissimo.
Ho smesso di nuotare, Marco mi ha lasciata e ho iniziato a mangiare troppo.
Chiaro e cristallino. Dovrei riprendere a nuotare e mangiare meno.
Mi metto il vestito a fiori rossi su sfondo nero, ha una bella scollatura e mi snellisce la vita, raccolgo i capelli biondi e lisci in una coda di cavallo e vado a chiamare Francesca.
“Sono pronta, dai Franci, non devi sedurre nessuno”
Esco dalla camera e attraverso il corridoio per entrare nella sua ma non la trovo, allora busso alla porta del bagno.
“Andiamo?”
Busso ancora ed entro.
Mi si ferma il cuore.
Francesca è per terra immobile con gli occhi aperti, sbarrati.
“Franci, oddio!” mi metto in ginocchio vicino a lei e sento che respira affannosamente, con fatica.
Torno di corsa in camera a prendere il cellulare e chiamo il 118.
“Vi prego, venite subito la mia amica è caduta in bagno, respira a fatica.”
“Stia calma signorina, mi dica subito l’indirizzo.”
“Via dei Laghi 5, interno 3, sul campanello c’è il nome Ligori Francesca.”
“Via dei Laghi 5, interno 3” dice la voce dall’altra parte a qualche altra persona. “L’ambulanza sta arrivando, ora mi ascolti mi descriva lo stato della sua amica.”
“È distesa a terra con gli occhi sbarrati, respira a fatica.”
“Si accerti che la lingua non la soffochi, se riesce le apra la bocca, poi la metta di fianco, i soccorsi stanno arrivando.”
Per un tempo infinito rimango al telefono con il cortese signore del pronto soccorso, poi suonano il campanello e schizzo come un fulmine ad aprire ai soccorsi.
Francesca viene subito prelevata e caricata nella barella dai due infermieri che con grande professionalità l’assistono portandola giù per le scale verso l’ambulanza.
Non so che fare, ma devo seguirla. Scendo le scale con loro, incrociamo qualcuno, non lo guardo, mi chiede qualcosa e io mi giro.
È il nuovo vicino, quell’uomo di cui Francesca era entusiasta e che aveva conosciuto meglio di me e che le piaceva pure parecchio.
Mi prende per un braccio e vorrei dirgli di lasciarmi, ma quando lo guardo vedo che è pallido e preoccupato. Francesca è talmente fantastica che sono bastati pochi incontri perché anche lui le si affezioni, lo capisco dal dolore che vedo infondo ai suoi occhi scuri.
Sono verdi o castani?
Sono così persa dentro il suo sguardo che capisco appena la sua domanda.
Vuole sapere che le è successo, scema!
“Non lo so, si è sentita male, mi lasci, devo andare in ospedale con lei” sono fuori di me e la mia voce è stridula.
“Certo, ma chiuda la porta di casa” mi dice lui con calma.
Mi giro e ha ragione.
Sono uscita di corsa e ho lasciato la porta spalancata, non ho preso né la borsa né le chiavi.
Gli infermieri scendono veloci, non posso rischiare che vadano via senza di me, non posso lasciare Francesca.
“Sia gentile, prenda le chiavi con il portachiavi a forma di riccio, è sopra la mensola, vicino al radiatore e poi chiuda la porta, dopo passo da lei a prenderle. Non posso tornare indietro, devo andare con lei, non può restare sola.”
La mia voce è incrinata, sto per mettermi a piangere.
I suoi occhi diventano prima grandi e scuri e poi fa un cenno della testa.
Sei impazzita?!
Hai appena detto a un estraneo di prendersi le chiavi di casa!
Francesca viene prima di tutto!
Mi precipito giù per le scale ed entro nell’ambulanza appena prima che chiudano le porte.

martedì 12 febbraio 2013

Carnevale

Sono passati i giorni e con stupore mi rendo conto che è quasi un mese che non scrivo nulla nel blog!
C'è qualche novità...
La sindrome di Rubens è stata rivista, rieditata e tra qualche giorno sarà messa in vendita anche in altri store non solo su Amazon.
Prossimamente anche Imperfetta avrà lo stesso trattamento :)

Sono stata vittima del carnevale, un periodo dell'anno che adoro.
Carnevale ti permette o di indossare la maschera di ciò che non sei o, al contrario, di liberarti dalle maschere quotidiane e mostrare al mondo la tua vera natura.